Un esempio? Persone con peso diverso (ma anche con stili di vita diversi) possono rispondere in modo differente all’utilizzo dello stesso farmaco, registrando quindi valori diversi di biodisponibilità del principio attivo.
La bioequivalenza di un generico rispetto all’originatore viene dimostrata attraverso il confronto delle concentrazioni raggiunte dal farmaco nel sangue: perchè il generico possa ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio, i limiti di confidenza al 90% di tali concentrazioni devono ricadere nell’intervallo tra l’80% e il 125% rispetto al prodotto originatore. (Linee Guida)
Anche se questo potrebbe indurre a pensare che i livelli plasmatici osservati dopo somministrazione di un generico potrebbero essere inferiori addirittura del 45% rispetto a quelli osservati con l’uso di un altro generico, in pratica questo non accade perchè la necessità di mantenere i limiti di confidenza (non il valore medio!) entro l’ambito di accettabilità comporta, tipicamente, che le concentrazioni plasmatiche dopo somministrazione di ciascun generico differiscono in media di non più del 5-7% rispetto a quelle osservate dopo somministrazione del prodotto originatore.
Tale variabilità è relativamente modesta se messa a confronto non solo con le differenze individuali, ma anche con le differenze di concentrazioni plasmatiche osservabili nel tempo nello stesso soggetto sotto l’influenza di fattori fisiologici, patologici e ambientali.